Uno studio ha rivelato che un farmaco inaspettato agisce contro il Parkinson rallentandone i sintomi. Siamo davanti a una svolta?
Un team di ricercatori francesi ha scoperto come un medicinale utilizzato contro il diabete riesca effettivamente a rallentare la progressione dei sintomi del Parkinson. La malattia di Parkinson è la patologia neurodegenerativa più diffusa dopo l’Alzheimer. I sintomi peggiorano durante il decorso della malattia e i farmaci/trattamenti riescono solamente a tenere sotto controllo la sintomatologia, non a curare la malattia.
Il Parkinson provoca rigidità muscolare, resistenza ai movimenti passivi, tremore durante lo stato di riposo e che aumenta in caso di ansia. Tra i sintomi anche i disturbi dell’equilibrio, l’andatura impacciata, la postura curva. In molti pazienti la malattia porta alla depressione. All’origine della malattia una causa multifattoriale.
Sembrerebbero interagire sia componenti ambientali che genetiche. Altri studi hanno associato il Parkinson a lesioni cerebrali, traumi con emorragie. Purtroppo non vi è cura, come detto, ma esistono trattamenti che controllano i sintomi e che vengono individuati in base alle caratteristiche dei pazienti. La ricerca va avanti per dare risposte migliori alla patologia e proprio durante uno studio dei ricercatori francesi hanno scoperto un farmaco per il diabete capace di rallentare il progredire del Parkinson.
C’è una teoria secondo la quale il morbo di Parkinson potrebbe essere collegato alla resistenza all’insulina nel cervello. Tale considerazione sembrerebbe confermata dalla scoperta dei ricercatori francesi che hanno pubblicato un interessante studio sul New England Journal of Medicine. Lo studio ha coinvolto 150 persone con recente diagnosi di Parkinson. Sono stati formati due gruppi.
A tutti i partecipanti è stato somministrato il farmaco comune per la malattia e solo un gruppo ha avuto un’aggiunta giornaliera di lixisenatide (principio del medicinale per il diabete). L’altro gruppo ha ricevuto il placebo. Dopo dodici mesi i partecipanti del primo gruppo non hanno avuto un peggioramento dei problemi motori al contrario del gruppo con placebo. Tale differenza è continuata anche dopo due mesi dall’interruzione di ogni farmaco.
Sembrerebbe, dunque, che la lixisenatide non solo riduca i sintomi ma protegga anche il cervello dalla perdita dei neuroni. Sono necessari altri studi, però, per accertare la correlazione. Inoltre bisognerà approfondire gli effetti collaterali che si sono manifestati in chi ha assunto il farmaco per il diabete (il 13% ha riferito di aver avuto nausea e vomito). La ricerca continuerà con altre indagini che potranno confermare o meno i benefici della lixisenatide sul Parkinson.
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